Corpo, distanza, parola



Corpo, distanza, parola

Se non ti piace… cambia…


Il 23-01-23 ho avuto modo di partecipare al vernissage di una mostra curata da Pasquale Polidori a Roma negli spazi di AOCF58 - Galleria Bruno Lisi. 

Il titolo della mostra è Periodo ipotetico e l’artista è Michele Zaffarano. 

Va subito detto che Michele Zaffarano è un poeta, votato a una scrittura di ricerca in cui la poesia è altro rispetto a quello che comunemente si intende per “poesia lirica”. E’ uno dei fondatori del gruppo gammm.org, è  un traduttore dal francese, ma è anche un direttore di collane editrici, di cui cura in modo raffinato anche la parte grafica e compositiva dell’oggetto-libro. 

Pasquale Polidori a sua volta è un artista, un performer, ma anche un fine curatore di mostre e collane editoriali dedicate nello specifico agli artisti contemporanei più concettuali, oltre che essere anche uno stimato professore di tecniche pittoriche all’Accademia di Brera a Milano.



E - in occasione di questa mostra - Polidori e Zaffarano si incontrano in uno spazio “neutro” come quello di una galleria “storica" di Roma, che è anche sede del Deposito Solventi (curato dallo stesso Polidori con opere di Ferruccio De Filippi). Ma poiché nessuno spazio è neutro, anche perché nessuno spazio è solo fisico, la genesi di questo  incontro/mostra comprende anche un altro poeta che è Luciano Neri e che viene da Genova, dove sarebbe potuto nascere tutto, invece poi - questo tutto - è nato a Roma con l’ ideazione e la produzione esecutiva di Polidori. 


Questo tutto è una riflessione sul reading di poesia, in senso esteso ed espanso,  collocandosi in un titolo che è  anche un progetto più ampio: Specific Reading Conditions, e che inizia proprio da questa mostra. Ma non voglio disperdermi allontanandomi dal compito di appuntare alcune mie personalissime note sulla mostra che ho visitato dal titolo ineluttabile di Periodo ipotetico di Michele Zaffarano, dove ci si trova immersi in un’installazione molto raffinata e onesta, composta da un Senza titolo (Poetica in versi) del 2014 - stampa digitale su carta ( 2 fogli 29,7x21 cm con testo in italiano e in traduzione inglese a opera di Mary Desmond), e poi un altro Senza titolo (Se non ti piace la vita), 2020 ( 2 fotografie stampe, ink jet fine art su carta cotone matte, 27 x 20 cm circa ),  mentre in un angolo dello spazio un giradischi azionato manualmente in un loop trasmette nella stanza la voce profonda e calma di Michele Zaffarano. 

Il poeta legge Periodo ipotetico (centoventi  più centoventi frasi uguali), un testo del 2022, inciso su vinile in poche copie numerate e prodotte da Pasquale Polidori per Deposito solventi. Il vinile - va detto - è dedicato Ad Anna ed è inciso su due facciate (33 giri, 19’34’’, 20’06’’).

Ultimo “ingrediente” dell’installazione artistico/sonora: il video Zaffarano, Periodo Ipotetico, 2022, della durata di 57’30’’in cui vengono registrate pose statiche di Michele Zaffarano, con la cinematografia di Angelo Marotta e il montaggio dello stesso Michele Zaffarano con Pasquale Polidori. Il video viene proiettato in loop su uno dei muri della galleria, ed è anch’esso prodotto da Pasquale Polidori per Deposito  solventi.




Tutti questi elementi contribuiscono a parlarci di distanza e di corpo

Il corpo del poeta, vissuto e frequentato come paesaggio da una ripresa in 4K che restituisce le asperità di un terreno umano quali la pelle del poeta, la sua epidermide, le sue vene, i suoi nei, la ricchezza della flora (peli, capelli, sopracciglia), in un viaggio che sembra non finire mai, in quanto visione estremamente ravvicinata (in riproduzione macro) del corpo nudo, vivo, presente, puntuale, del poeta, vivente. 

Una estrema vicinanza che esprime - al suo opposto - una distanza dal corpo, vissuta proprio nell’indagine ravvicinata, espansa, esplosa della pelle/involucro del poeta. 

The poet is present (recorded), ma senza tante mistificazioni, senza tanti giri di parole, senza tanti riti mediatici. 

The poet is present (recorded): nella sua verità fisica, anagrafica, presente, con la sua temperatura e la sua vita interna immaginata. Questa presenza (registrata, evocata, in absentia), fa da contrappunto alla  distanza/vicinanza con l’ipotesi di un periodo vissuto senza il piacere di… (Se non ti piace… cambia…) riproposto per centoventi  più centoventi frasi uguali.


In questo Periodo ipotetico appunto, siamo (o rimaniamo per nostra volontà?) sospesi dalla vita, lontani, fragili, visti attraverso il binocolo dello stesso poeta (Zaffarano) in 2 fotografie del 2020, Senza titolo (Se non ti piace la vita) scattate chissà dove (sulla riva di quale lago?), di altri 2 corpi seminudi (pescatori o bagnanti della domenica?) su una barchetta lontana, abbandonati e distanti, immersi nella canicola estiva (ma sarà estate poi?).

In questo modo ci troviamo al centro del rebus, dobbiamo scegliere, e non abbiamo la frase risolutiva.  Abbiamo però le cose, le parole-cosa, le parole-corpo, abbiamo il periodo-traccia, ma non abbiamo la via d’uscita. Non abbiamo la possibilità della catarsi. 

Ci ri-troviamo bipedi senza piume come nella favoletta in versi a opera dello stesso Zaffarano dal titolo Senza titolo (Poetica in versi) del 2014.


Corpo, distanza e parola diventano così - nella geografia del tutto personale - gli elementi fondanti di un percorso alchimistico di natura duchampiana, che ci irretisce e ci irride allo stesso tempo, invitandoci a guardare noi stessi attraverso il buco della serratura, sospendendoci in un Periodo ipotetico.


Mentre da Roma tornavo verso Milano, avevo la netta sensazione di non essermi mosso da quel Periodo ipotetico in cui mi ero trovato quel pomeriggio (numerato al calendario 23-01-23) che era caduto di lunedì.


Ci vorrà qualche giorno - mi sono detto - prima di assopirmi, cullato dalla velocità del treno.


26-01-23

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