GETSEMANI - la prima parte / dal 10 al 15 Dicembre a MTM - La Cavallerizza

Alla fine ho deciso.
Mi sono messo in viaggio.
E' dagli anni '80 che ci penso. E ora eccomi qui con questo primo frammento di percorso che ho voluto chiamare GETSEMANI, al quale sarà possibile assistere dal 10 al 15 Dicembre prossimo a MTM - La Cavallerizza. (posti limitati)

Come per ogni progetto inizio con lo scrivere molto, appunti e pensieri che servono principalmente a me, e che ora metto a disposizione 'a puntate' su questo blog che è anche e soprattutto un diario di bordo.
Cominciamo dall'inizio allora.


<< Una premessa, che è anche una breve storia. Getsèmani fa parte di un più ampio progetto dedicato alla figura di Gesù. E’ un progetto a cui penso dagli anni ’80, quando ero molto più piccolo di oggi.
In quegli anni quello che pensavo di fare era di utilizzare le parabole del Nuovo Testamento e attraverso di esse cucire una drammaturgia in forma di testo che avesse come centro il rito, la ritualità del racconto, la ritualità della testimonianza. Di base era questa la mia prima intuizione. 

Sempre in quegli anni avevo scritto un progetto che prevedeva una scena fatta di vasche circolari colme di acqua con all’interno gli attori. Un progetto che non ho mai realizzato e che ho ritrovato, su alcuni fogli battuti a macchina, proprio qualche mese fa mettendo un primo ordine al mio archivio chiamato il Primo Famoso e Improbabile Archivio di Antonio Syxty, e che comprende tutti i miei scritti e progetti dal 1974 a oggi, da cui è stata fatta anche una pubblicazione nel 2017 dal titolo Syxty Sorriso & Altre Storie (dal 1978 al 1982) per Yard Press, prodotta da Fondazione Palazzo Litta pet le Arti Onlus https://www.antoniosyxty.com/copia-di-5-holes
Ma non è di questo che dobbiamo parlare.

Tornando a Getsèmani posso dire che dagli anni ’80 a oggi ho tentato più volte di tornare su un progetto dedicato alla vita di Gesù. Non ero mosso da intenti evangelici o divulgativi, ma sempre e solo da una sincera infatuazione per una figura misteriosa e conturbante come quella di Gesù. L’idea è sempre stata quella della scrittura in forma di testimonianza/corpo/azione/relazione.

Sempre nel corso degli anni ho più volte parlato di questa mi intenzione con attori, drammaturghi, critici e scrittori di teatro, cercando di coinvolgerli per farmi aiutare a pensare a una traccia, a un copione in forma di drammaturgia convenzionale, con un testo, una narrazione scenica che prevedesse l’interpretazione di attori in funzione di personaggi. 

E devo confessare - e a questo punto lo devo proprio fare visto che l’arte è una forma di confessione - che quando avevo 15 anni feci il primo esperimento teatrale della mia vita proprio intorno alla figura di Gesù con il titolo di Opera Aperta. Ricordo che coinvolsi parenti e amici della mia stessa età e mi feci prestare per alcuni giorni un cinema-teatro parrocchiale di un paese del Piemonte dove abitavo, per trasformarlo nel luogo delle prove e della prima rappresentazione di uno spettacolo che venne visto da molta gente del paese e della vicina città di Ivrea. A quell’età non sapevo niente di teatro e credo non avessi la minima intenzione di dedicarmi al teatro nello specifico.
In quegli anni, già in giovanissima età, mi interessava molto di più la scrittura di ricerca, la scrittura visiva, le avanguardie europee e americane sull’arte concettuale. Dall’arte concettuale alla performance live e poi al teatro - come studio sul comportamento e la falsificazione - è stato poi un percorso che si è tracciato con o senza la mia piena consapevolezza. Ma questo è stato, di fatto.

Due anni dopo quel mio esperimento naif, un regista di teatro di nome Julio Zuloeta Hurtado direttore di una compagnia teatrale del biellese - dopo aver visto il mio spettacolo di ragazzino - si ricordò di me e mi portò a Torino a vedere il Gesù di Aldo Trionfo tratto dalla sceneggiatura di Carl Theodore Dreyer. Nel vedere quello spettacolo fui folgorato. Avevo 17 anni, ero troppo piccolo per capirci qualcosa di teatro, ma mi piacque l’idea e la sperimentazione della messa in scena, per quello che ricordo.

Negli anni successivi lessi più volte la sceneggiatura edita da Einaudi del Gesù di C. T. Dreyer pensando che mi sarebbe piaciuto un giorno, prima o poi, cimentarmi con la figura di Gesù. Non sapevo come avrei potuto farlo. In realtà avevo anche molti dubbi sul farlo perché, in certi casi, sono sempre stato molto timoroso nell’affrontare certi progetti.>>

Finisce qui la prima parte.




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