(AA) Architettura Addio


A fine settembre scorso abbiamo avuto occasione, dopo oltre un anno, di rielaborare la performance che nel 2018 avevamo fatto all’università Statale di Milano in occasione del Fuori Salone del mobile, ARCHITETTURA ADDIO - TO YOU 3.
Quella dell’ università è stata una bella occasione per presentare in site-specific un segmento delle due performance fatte sul palco di MTM-Teatro Litta alcuni mesi prima con il titolo AA TO YOU 1 e AA TO YOU 2. 
Mentre nelle edizioni delle due parti della performance teatrale a MTM-Teatro Litta l’architetto Mendini era presente a prendersi i meritati applausi insieme agli attori/performer, all’università Statale di Milano non aveva potuto assistere perché costretto a casa da una convalescenza post-operatoria. Di lì a un anno circa Mendini ci lasciava a causa di una forma tumorale che in poco tempo lo aveva stroncato.

Quando abbiamo avuto la notizia della sua morte con i ragazzi - quasi gli stessi - di ARCHITETTURA ADDIO - stavamo lavorando alla performance site-specific ROOMS FOR SECRETS a Casa Boschi Di Stefano, in Via Jan a Milano, dove lo stesso Mendini aveva vissuto gran parte della sua vita.


E così pochi giorni fa, in una domenica di settembre ancora assolata, AA TO YOU 3 (il segmento di performance realizzato nell’aula magna della Università Statale nel 2018) ha ripreso vita a Novara - all’interno di un festival- alla presenza di un pubblico incuriosito e interessato. 

Ha ripreso vita con il gruppo degli stessi attori/performer con i quali lavoro da un po’ di tempo: Nicole, Francesca, Alberto, Gabriele, Tiziano. A questi si è aggiunta Greta a sostituire Valeria che non poteva esserci.
È stato interessante ritrovarci e lavorare ancora a questo progetto di teatro-performance che abbraccia corpo e parole e le inscrive in un comportamento fisico, emotivo e psicologico (così lo definisco io) creato da Susanna Baccari.
Sì, perché AA è stata anche l’occasione del mio incontro con Susanna, che è iniziato per questo progetto e che si sta sviluppando in quella zona di lavoro che io chiamo “ambiente emotivo” o “comportamento emotivo” in ambito performativo.
Con Susanna stiamo continuando un percorso nel quale sono per me evidenti le linee di sperimentazione e le intersezione fra movimento, comportamento, azione, emozione, narrazione, identità e tempo.


Dopo tanti anni di lavoro per un teatro che definirei “lineare” - pur all’interno di sperimentazioni, in questo momento (ormai da alcuni anni) mi interessa uscire dal canone estetico della rappresentazione teatrale tout court.
Direi che quello che mi interessa è tornare al ‘pensiero’ e alla ‘ragione’, legati all’ ’azione’, abbandonando intenti espressivi di varia natura e presunzione, abbandonando anche quella smania di rendere in qualche modo ‘armonico’, ‘lirico’, quasi giustificativo il rapporto fra narrazione e rappresentazione del mondo attraverso la ‘formula teatro’ (aspetto che trovo irrimediabilmente  e sempre di più legato al fine di épater le bourgeois)


La mia è una formazione che trae le sue origini dall’arte visiva e concettuale della fine degli anni ‘70. Ho incontrato il teatro solo dopo aver iniziato quando avevo 18 anni un percorso attraverso poesia visiva e concreta da un lato e arte concettuale e comportamentale dall'altro, realizzando così le mie prime performance, che erano 'azioni'. 

Del teatro mi ha sempre interessato il meccanismo della falsificazione dell’identità, e per questo motivo ho iniziato a studiarlo e poi a praticarlo, facendo i conti con la cultura teatrale del paese in cui vivo. Con grande sincerità ammetto che il teatro mi ha anche molto appassionato negli anni, e l’ho fatto con enorme devozione, ma soprattutto come volevo e intendevo farlo io, senza piegarmi ai gusti e ai voleri del pubblico, degli osservatori critici, dei direttori artistici e operatori del settore. 

E nel praticare il teatro credo di aver imparato a conoscerlo, storicamente, culturalmente e politicamente.

Ho fatto però sempre di testa mia, con un atteggiamento di artista più che di uomo di teatro. Non mi sono mai prodigato per convincere qualcuno di quello che facevo, tantomeno spiegare quali erano le mie intenzioni. Non ho mai “venduto” niente a nessuno e non ho mai chiesto niente a nessuno per praticarlo. 

Ho solo convinto dei “complici” per me fondamentali - che sono gli attori - a stare con me. 
Per me lavorare a uno spettacolo è sempre stato uno studio sul comportamento umano degli attori, dalle prove all’andata in scena. Queste erano le parti che trovavo più interessanti del mio lavoro di ‘regista’.

Il risultato spettacolare era relativamente subordinato a questo rapporto. Non ho mai scelto un titolo, un argomento, un tema perché volevo ‘parlare’ di quel tema, argomento, o cimentarmi con la messa in scena di un testo piuttosto che di un’altro. E tantomeno mi ha mai interessato lavorare con attori o attrici famosi o noti al grande pubblico o al pubblico degli addetti ai lavori, per inserirmi in un sistema più à la page

Ho lavorato sempre in base agli attori/persone che frequentavo e incontravo, inseguendo deliberatamente una casualità, lasciandomi guidare da voluti détournements

Il comportamento degli attori (che per me sono sempre state delle ‘persone’ prima che attori) è sempre stato la base per la mia ispirazione. 
Insomma non ho praticato il teatro per lavoro o per carriera, animato da ambizioni. In questo la mia matrice ‘situazionista’ ha sempre determinato le mie scelte, “ nel mondo realmente rovesciato, il vero è un momento del falso” scrive Guy Debord.


Tornando a AA, su testi di Alessandro Mendini, mi trovo perfettamente a mio agio in quella che definisco un’occasione per riflettere su corpo, spazio, mente, oggetti.

E a ricordare i miei inizi in occasione di questa riedizone di AA TO YOU 3 ho scritto questo messaggio da distribuire al pubblico: 

Scrivere, disegnare, progettare, vivere. 
Ho conosciuto Alessandro Mendini quando ero un ragazzo che si occupava di scritture visive e performance post-moderne (in quei primi anni ‘80). Le scrivevo, le disegnavo, le progettavo e le vivevo negli ambienti realizzati dallo studio Alchimia e dallo stesso Mendini. 
Ora che non sono più un ragazzo ho convito Mendini a affidarmi i suoi scritti (quelli di una vita, dal 1968 al 2017) perché - dietro mia richiesta - li potessi usare per una performance teatrale sul comportamento umano in relazione all’architettura e al design, che si intitola come un suo libretto  di quegli anni: Architettura addio
Con questa nuova edizione della performance il mio progetto continua, perché i maestri - quelli veri - sono pochi, pochissimi, sempre meno, perché viviamo in un’epoca di cattivi insegnamenti e di falsi modelli.
Personalmente posso affermare di aver avuto fortuna: perché io uno l’ho incontrato sia quando ero ragazzo e poi di nuovo in età adulta.
Sono convinto che lui non amerebbe questa mia dichiarazione un po’ retorica, ma la faccio ugualmente perché non mi può sentire! 

- In ogni caso, grazie Alessandro. -


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