GETSEMANI: SPETTACOLO O AZIONE TEATRALE?



Voglio fare questa riflessione che riguarda il termine "spettacolo" riferito a Getsemani

Molti mi hanno scritto: sono stato al tuo spettacolo, ho visto il tuo spettacolo, e via di seguito. Per carità non c'era nulla di sbagliato nel definire Getsemani "spettacolo". Però dentro di me provavo un piccolo fastidio. Forse perché con il termine spettacolo io identifico qualcosa che ha un funzione diversa, almeno in ambito teatrale. Nella mia carriera ho fatto molti "spettacoli", ma poi ho deciso di allontanarmi gradualmente dalla "forma spettacolo", cercando un percorso in una progettualità diversa, molto più affine alla performance. Ma anche qui - alla fine - il termine "performance" diventa troppo generico. 


In fondo il termine performance lo uso per definire un progetto di esposizione di gesti e comportamenti che ha un'architettura, una partitura, una sua 'grammatica' interna e una forma di narrazione (o de-narrazione) comunque inscritta nello spazio in cui si svolge, nel luogo prescelto. 

E allora diventa "performance site-specific". E nel caso di Getsemani ho voluto aggiungere a "performance site-specific anche  il termine "relazionale", riferendomi all'arte relazionale molto praticata da alcuni artisti delle arti visive (di derivazione concettuale) negli anni '90.

Ma il teatro è un'arte relazionale?

Senza dubbio lo è, ma bisogna intendersi su che tipo di relazione viene a instaurarsi quando parliamo di spettacolo.

La relazione in prima istanza è la compresenza di attori e pubblico, di "officianti e partecipanti". E poi la relazione si sviluppa in una sorta di "prestazione" da parte degli attori che "danno spettacolo". Ma non voglio dilungarmi sul termine "relazione" utilizzato per definire l'arte del teatro (che per me è sempre stata un'arte comportamentale, ed è il motivo per il quale l'ho praticata a lungo, in modo 'obliquo').


Tutti questi termini - comunque - non fanno che complicare le cose, anche perché quando si usa il termine performance, lo stesso dovrebbe essere seguito dalla parola "teatrale", a differenza dalla "performance-art". 

Ma la performance teatrale ha modo di essere "replicata" per più sere di seguito. La performance-art definisce invece un'unità di tempo, e l'esecuzione è principalmente compito dell'artista visivo.  

E' pur vero che la famosa e ormai 'popolare' (e anche 'teatrale') Marina Abramovic ha usato - a suo favore - il termine "re-enactment" chiedendo a molti artisti - compresa lei stessa - la possibilità di 'rievocare' famose performance di artisti quali Vito Acconci, Bruce Nauman, Joseph Beuys, Gina Pane e altri, compreso il mitico (per me) Chris Burden (che non le ha accordato il permesso di crocifiggersi su una Wolksovagen Maggiolino anni '70 come aveva fatto lui nel 1974).

Ma anche questo è un altro discorso e sto divagando ancora una volta.


Ora che Getsemani si è concluso con il "terzo cammino" (da quando abbiamo iniziato nel 2019) mi pento di non aver usato il termine più adatto per definirlo che è "azione teatrale". Un termine che si usava negli anni '70 e che forse inconsciamente non ho usato per timore di essere banalmente "vintage", o di ritornare suoi miei passi in quegli anni (ma alla fine un amico regista mi ha comunque detto: stai tornando alle cose che facevi. Ed è proprio così, forse perchè credo che il teatro abbia anche una funzione "non prestazionale".

E oggi mi pento di non aver scritto che Getsemani era un "azione teatrale e relazionale site-specific". 

Del resto un'altro amico che vi ha preso parte mi ha scritto definendolo un congegno di azioni, relazioni e architettura, e intimamente l'ho ringraziato per non averlo definito solo "spettacolo".

Chi lo ha definito spettacolo - facendomi anche molti complimenti - non ha sbagliato affatto, non mi ha offeso in nessun modo, e lo ringrazio (come ho fatto sinceramente rispondendo ai messaggi). 

Il problema sono io che mi sono lasciato fuorviare nel definire il mio 'tentativo' nel mettere in atto Getsemani.

Perchè per me Getsemani è stato in definitiva un tentativo fatto di intenzioni, indicazioni, riflessioni visive, ambientali e di comportamento.


Un dispositivo, forse, che mi fa ancora riflettere e pensare, e sul quale potrei ritornare con altri appunti riguardanti relazione e funzione del teatro.

 

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