RFS - Prima conversazione con Bruna sul suo corpo e sulla stanza/capitolo IL CORPO


E' un dato di fatto.
Quando ci troviamo a lavorare nella stanza del corpo Bruna (che ci lavora come attrice/performer insieme ad Alberto) si pone un problema e mi fa una domanda, che ovviamente è rivolta anche a Susanna che collabora strenuamente a questo progetto con me.

La domanda è: ma io che sono nella stanza del corpo riesco, secondo voi a dare l'idea del corpo? Io riesco a essere "il corpo"?
E' una domanda formulata con freschezza e sincerità.
Bruna si pone il problema del corpo.
Ma quale corpo?
Il corpo delle parole di Michele Zaffarano che si diffondono nella stanza/capitolo dedicata al corpo?
Oppure il "suo" corpo vero e proprio?
Quello che lei porta al lavoro o il corpo che lei mette in prova durante il lavoro con Susanna?

In effetti la domanda apre a varie riflessioni





La prima riflessione da fare è che noi - nel lavorare al progetto RFS - non cerchiamo una rappresentazione del corpo per il tempo della visita aperta al pubblico.
Quindi noi non andiamo nella direzione di un'espressività del corpo fuori dal normale (come in genere si fa quando ci si dispone a un lavoro per il teatro  convenzionale)

Noi andiamo nella direzione in cui il corpo del performer/attore vive per la durata di 120 minuti (il tempo messo a disposizione per la visita del pubblico che vorrà intervenire.

Qui sta la difficoltà: l'attore/performer (quindi anche Bruna che si pone la domanda iniziale) mentre agisce nella stanza "pensa a quello che dovrà fare, attimo dopo attimo". Noi dobbiamo impedirlo.
O meglio, Susanna dovrà fare in modo che gli attori/performer non vivano una predestinazione ordinata in partenza, ma scrivano attimo dopo attimo se stessi in un flusso di 120 minuti circa.
Questo flusso si dovrà ripresentare ogni sera di apertura delle visite per la sezione del 120 minuti.
Quindi sarò soggetto a una ripetizione che in realtà è una forma di re-birth (rinascita a quella vita di 120 minuti)
L'attore/performer avrà quindi consapevolezza del ciclo di riproduzione del segmento di 120 minuti, e questa consapevolezza lo metterà nelle condizioni di poter "vivere" ancora una volta nella stanza in quel modo e per quel dato tempo.
Dopo (e prima) si dovrà tornare alla condizione del proprio corpo, di se stessi, così come si è nella vita quotidiana.

Date alcune condizioni per lavorare a RFS: niente abiti della vita normale, intimo sobrio a coprire le intimità che potrebbero fuorviare chi guarda verso un'altra direzione legata al sesso, alla liberazione del corpo e così via, e un cappotto o giacca di colore scuro che copre/protegge a tratti il corpo durante sua vita dei 120 minuti.

Non è un problema da poco quello che poniamo, rispetto al corpo, che poi si declina in tutte le altre 4 stanze/capitoli che sono : IL DIO, I SOLDI, LO SPAZIO, I DESIDERI.

Ma la condizione del corpo dell'attore/performer è legata al TEMPO. 
Allo stesso modo il tempo è la dimensione anche del futuro visitatore, che dovrà per forza scegliere consciamente o inconsciamente il suo tempo di visita, correlato al suo tempo di vita.

Ma di questo scriverò più avanti (anche perché questo blog continuerà a vivere anche dopo le visite del pubblico a RFS)





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