RFS - Piccola cronaca / 14 Gennaio 2019


Milano, 14 Gennaio 2019

Ci ritroviamo. Si riprende il lavoro di ieri.
La cosa importante è ritornare a quelle ‘trasformazioni’.
Mi piace definirle così. Quando Nicole e Agata eseguono una transizione di stato, di dimensione corporea e emotiva io le indico come ‘trasformazioni’ che poi confluiscono in quei segmenti che definisco ‘cerniere’.






Bisogna controllare il viso. Che non diventi troppo espressivo, che non lasci indovinare pensiero, preoccupazione, intenzione.

La cosa difficile è appunto ‘la vita’: vivere 2 ore fuori da una vita convenzionale e conosciuta. Vivere una vita ‘segreta’. 
È difficile perché l’attore si mette in ‘funzione performante’, diventa ‘funzionale a ...’ 
È naturale, è il suo compito, è la sua vita, quella lavorativa. In questo caso però - nel caso di RFS - non deve sentirsi funzionale. Non deve includere il visitatore/spettatore. Deve vivere una compulsione per se stesso, per quel tratto di vita di 2 ore.
È un tempo straordinario quello che stiamo cercando: extra-ordinario.
È molto difficile non cercare una giustificazione al proprio ‘fare’, al proprio essere lì. È necessario mettere in atto un rinuncia.

Mi accorgo che il lavoro di Susanna è molto difficile perché deve tradurre queste mie esigenze/ richieste che sono intellettuali, concettuali  e creare una connessione con ‘il fare’. 
Deve trovare una lingua per comunicare con i performer/attori evitando le spiegazioni, evitando una guida diretta con indicazioni dirette, evitando di sprofondare nell’espressione, nella narrazione evidente, consapevole.
È un compito difficile quello di Susanna: far scaturire l’energia, provocarla, intuirla, leggerla, capirla, incanalarla e restituirla a Nicole e Agata in questo caso.

Io mi aggiro per le stanze degli appartamenti immaginando una mappatura che farò con nastri colorati, stabilendo zone, aree, percorsi visivi: a terra e sulle pareti. 
In un cassetto di un armadio trovo dei pigiami di bambini. E sui muri una scritta: misurazioni.







Ecco quello che dobbiamo fare noi: misurare il tempo, lo spazio, e in questo modo misuriamo la vita. 

È venuta la sera. Le luci della città filtrano dai vetri delle finestre. Mi accingo con la mia prolunga a disturbare il signore al piano di sopra, per rubargli un po’ di corrente.

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