RFS - Piccola cronaca / 21 Gennaio 2019





Lunedì 21 Gennaio.

Abbiamo deciso che ‘la stanza dei maschi’ come abbiamo soprannominato la stanza 5 è quella accanto alla stanza 4, dei desideri, nella stessa Shell/Appartamento (più avanti spiegherò la scelta di questa denominazione per i 2 appartamenti al terzo piano di via Jan).
È una stanza che a Susanna piace - architettonicamente intendo (io ci devo ancora pensare).

Lei inizia a lavorare con i ragazzi. Io come al solito me ne vado in giro per le stanze degli appartamenti immaginando il tipo di scrittura e segnaletica che devo mettere in campo. Sembra facile ma non lo è. Mi metto nei panni di un futuro visitatore. La casa mi comunica la sua staticità, la sua permanenza nel tempo e nella vita di quanti l’hanno abitata.
In questo caso la casa è anche il suo ghost.

La mia ricerca visiva mi porta alcune riflessioni legate ai miei recenti lavori di ‘pittura’ fatti su tela di juta o su tela preparata con gesso, cementite, scagliola.
Non sono così convinto di poter adattare lavori e pezzi che ho fatto per altre ragioni a questi spazi e a RFS. Devo fare qualcosa di originale per questi muri di corridoi o disimpegni. Carta o tela? 
Credo che sarà carta, ne sono quasi tel tutto sicuro.








Tornando a Massimo e Salvatore ho chiesto a Susanna di farli iniziare bendati. Ho ricavato due bende bianche da una tela che ho comprato e con la quale ho fatto manualmente io - strappandola in strisce sottili- la fettuccia bianca che funge da ‘cannula’ di trasmissione/trasfusione fra muri e contenitori di vetro. 

Gli uomini bendati sono senza ‘vista’ e lo spazio inizia da una dimensione interiore, corporea, sensoriale, sensuale, tattile, orizzontale. 
Potrebbe essere questa la riflessione sullo spazio. Altro non so: è quello che intuisco, e lo propongo a Susanna che si mette subito al lavoro. 
Ci siamo anche detti che la vita nelle varie stanze può ‘assomigliarsi’, tanto la variabile è costituita dalla diversa alchimia organica dei corpi degli attori/performer. 

La vera ricerca sta nel porsi domande che non hanno ancora le risposte. 
Nel caso di ROOMS FOR SECRETS io faccio ipotesi. Una di queste ipotesi e la compressione/decompressione emotiva e narrativa degli spazi abitativi.
Per fare questo ‘ho rubato’ a Sarah (lei non lo sa) la casetta di plastica dei conigli, con tutte le suppellettili di una casa giocattolo. 
Adesso che ne scrivo mi viene anche in mente l’esperimento lynchiano di Rabbits, ma non ci ho pensato all’inizio. È un puro caso legato alla presenza di coniglietti di plastica antropomorfi.









Per la stanza 5 ho anche portato 2 modellini di auto in metallo perfettamente in scala: una Cadillac color panna e una Rolls nera ( ci giocava Alessandro quando era piccolo). 
Alle auto si accompagnano 2 omini di plastica in scala: il primo è la riproduzione de Il Padrino di Puzo/Coppola. Il secondo è la riproduzione di Al Pacino/Scarface - mi fa notare Salvatore. 

Da una parte la riproduzione di una casa, dall’altra citazioni ultra-narrative legate a film leggendari di grandi malavitosi, sovvertitori di spazi fisici, emotivi e narrativi. 
Ma la parte che a me interessa è la deriva concettuale e decisamente banale della ‘riduzione in scala’ degli spazi e delle presenze antropomorfe e dell’accostamento analogico temporale fra uomo/bambino e mestiere/gioco.

Allo stesso modo interagisce la vasca di legno di 1 metro x 1 metro colma di terra con al centro un improbabile piantina da 2,99 euro trasportata lì senza alcun motivo o senso di speranza “verde”.


Insomma questo è l’arredo concettuale della stanza 5. 

Susanna con Massimo e Salvatore ha iniziato a lavorarci. Credo sia partita da uno svelamento di corpi che si trasforma lentamente in svelamento dimensionale e gravitazionale.

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